Tradizionali integratori alimentari per curare una rara forma di epilessia

Con l'integrazione di specifici amminoacidi nella dieta dei topi i sintomi sono scomparsi in una settimana Ci vuole cautela, certo. Perché ancora non sono stati condotti studi clinici estesi. Ma i risultati di una ricerca, pubblicata su Science, suggeriscono una potenziale cura, a base dei tradizionali integratori alimentari, per una forma rara di autismo associata ad attacchi epilettici.

L’AUTISMO. I disturbi dello spettro autistico comprendono un gruppo eterogeneo di disordini neurologici, principalmente di origine genetica, che compromettono le interazioni sociali, la comunicazione (verbale e non verbale), l’interesse per il mondo circostante, e inducono comportamenti stereotipati e ripetitivi. Circa il 25% degli individui affetti da autismo soffre anche di epilessia, malattia neurologica caratterizzata da crisi improvvise e ripetute nel tempo.

METABOLISMO ACCELERATO. Un team internazionale di ricercatori, tra i quali Gaia Novarino dell’Università della California di San Diego, ha identificato una forma rara di autismo, correlata a convulsioni epilettiche, causata dalla mutazione di un singolo gene: quello che regola il metabolismo degli amminoacidi ramificati BCAA. «Utilizzando una tecnica chiamata sequenziamento dell’esoma, abbiamo scoperto che la mutazione genetica accelera il metabolismo di questi amminoacidi, abbassandone drasticamente i livelli nel sangue» spiega la ricercatrice italiana, a San Diego dal 2010. «Un risultato» aggiunge «che potrebbe aiutare i medici nella diagnosi e nel trattamento precoce della malattia». Infatti, non essendo prodotti naturalmente dall’organismo umano, questi amminoacidi vengono assunti attraverso la dieta. Il loro metabolismo è regolato dall’enzima BCKD: dopo i pasti, è questo enzima a garantirne normalmente un’elevata concentrazione nel sangue. Questo meccanismo, però, è disattivato nei pazienti con questa forma di autismo. «Se da un lato è stato molto sorprendente individuare questa mutazione in una via metabolica specifica per l'autismo» ha precisato Joseph G. Gleeson, professore al Dipartimento di neuroscienze dell’Università della California «dall’altro è stato ancor più entusiasmante scoprire che il potenziale trattamento è molto semplice: basta integrare la dieta dei pazienti con questi amminoacidi».

LO STUDIO. Il sequenziamento dell’esoma è una tecnica che consente una diagnosi veloce ed economica di diverse malattie: analizza tutto il DNA codificante di un individuo, l'esoma appunto, che contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine del nostro organismo. Se ci sono mutazioni in queste parti di DNA tradotto, la proteina sarà anormale e, quindi, a volte patogena. In questo modo i ricercatori hanno analizzato il DNA di sei bambini con autismo, di tre famiglie in cui mamma e papà erano cugini di primo grado. Bambini che avevano anche sofferto di attacchi epilettici e avevano la stessa mutazione nel gene che regola il metabolismo degli BCAA. «A causa di questa mutazione, i bambini bruciano più velocemente del normale questi amminoacidi» precisa la ricercatrice. «Così, abbiamo arricchito la loro dieta con dei comuni integratori alimentari, in modo da aumentare nel sangue il livello degli BCAA. Ne abbiamo riscontrato un aumento entro valori normali. I pazienti stanno bene e non hanno manifestato alcun effetto collaterale». I ricercatori hanno anche effettuato dei test su topi con la stessa mutazione che, di conseguenza, avevano bassi livelli di BCCA e manifestavano disturbi neuro comportamentali. I topi hanno risposto bene all’integrazione alimentare. I sintomi sono scomparsi dopo una settimana di dieta arricchita dagli amminoacidi. Il prossimo passo sarà vedere se gli stessi risultati si otterranno sui pazienti.

CAUTELA - Al momento, infatti, è necessaria ancora cautela: per sapere se gli integratori di amminoacidi potranno aiutare le persone con questa forma rara di autismo, sono necessari ulteriori studi su un campione più ampio. «Stiamo ancora lavorando sulla definizione della dose e sulla frequenza della somministrazione: è presto dunque per predire il risultato finale. Il prossimo passo sarà determinare se l’integrazione aiuta effettivamente a ridurre i sintomi della malattia» ribadisce Novarino, approdata in America con una laurea e un dottorato in Biologia molecolare alla Sapienza di Roma, e dopo anni di attività di ricerca a Berlino. Per testare la loro ipotesi, il team di scienziati ha anche esaminato una coltura di cellule staminali neurali di questi pazienti. Cellule che hanno agito normalmente in un ambiente ricco di amminoacidi BCCA. «Pensiamo» aggiunge Gleeson «che questo lavoro potrà servire per lo screening di tutti i pazienti con autismo associato a epilessia: la mutazione genetica potrebbe essere un predittore precoce della malattia». Malattia che, come sottolineano i ricercatori, è molto rara e, molto probabilmente, è più comune in Medio Oriente, dove sono più frequenti i matrimoni tra consanguinei.

di Simona Regina

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