AbilityAmo, oasi per autistici

COGNENTO. Nasce a Cognento il Centro Educativo Socio-riabilitativo di assistenza integrativa per chi è affetto da patologie autistico-relazionali. Si chiama "AbilityAmo", mettendo in risalto la parola ABA che sta ad indicare un modello di intervento riabilitativo fondato sull'analisi applicata al comportamento. Il Centro sarà inaugurato il 21 ottobre con una cerimonia alla quale parteciperanno le autorità cittadine e le famiglie che hanno contribuito alla sua realizzazione. Ha sede nelle ex scuole elementari, in strada Contorno Cognento 48. Lo ha voluto fortemente l'associazione di genitori (60 famiglie) Aut Aut Modena Onlus che, nata nove anni fa, ha puntato subito ad avere una struttura dove poter attuare progetti di efficaci interventi terapeutici. Grande la soddisfazione dei genitori, ma non sono mancate enormi difficoltà. «Il Comune, che aveva messo a disposizione le scuole di Cognento, aveva deliberato - dice Stefano Censi, presidente dell'associazione - la ristrutturazione per un importo di 180mila euro. Nello stesso tempo il completamento del centro informativo e servizi sull'ambiente di via Caruso, con una somma di 890 mila euro, e il recupero di Villa Ombrosa con 900 mila euro. Se queste due ultime opere sono state poi portate in porto, per il nostro centro non si è più parlato di soldi. Sono stati i genitori a provvedere al ripristino, con l'aiuto volontario di idraulici e elettricisti e altri artigiani che sono nell'associazione. Con il terremoto si sono verificate lesioni nei muri, risolti da un ingegnere e da intonaci strutturali. Abbiamo tirato fuori dalle nostre tasche oltre 50 mila euro la speranza è che possano rientrare, grazie ad una sovvenzione di qualche sponsor o istituto bancario. E ora pagheremo al Comune un affitto agevolato di 2mila 500 euro ogni anno». Ma lo sforzo finanziario non si esaurisce qui. Alle famiglie spetterà retribuire anche i tutor (contratto a progetto: 18 euro lordi l'ora). Ma si spera che il Comune possa dare un contributo. Certo, si è felici di questa magnifica sede di più di 300 metri quadri, con dieci stanze. Al primo piano spazi idonei alla riabilitazione socio-educativa (il laboratorio, la stanza delle attività e quella dei giochi); al piano terra gli spazi per la socializzazione (sala conferenze, aula multimediale, piccola palestra, saletta del tempo libero e segreteria attrezzata). Senza dimenticare il servizio di monitoraggio in videoregistrazione sia in ogni singolo ambiente che all'esterno «perché si possa sempre controllare - sostiene Censi - il lavoro che si svolge in questi luoghi». Si crede in una vera e intensa ventata di ossigeno nel difficile campo dell'autismo che può portare questa struttura, unica nel territorio modenese. Si vuole porre fine ad una assistenza che manca di continuità. «L'assistenza per mio figlio consisteva - rivela Silvia Panini - in due ore di logopedia alla settimana, in gruppi di cinque o sei bambini. Due volte, al mattino, dovevo andare a scuola a prenderlo, portarlo presso il presidio territoriale di neuropsichiatria infantile, per poi riportarlo a scuola dove era seguito da un insegnante di sostegno. Accade anche che non ci sia una preparazione specifica in questo campo. Nel mondo anglosassone, già negli anni sessanta, al bambino venivano dedicate 40 ore di assistenza settimanali, con la consapevolezza della difficoltà dell'autismo. Si tratta di una malattia congenita, di cui ci si accorge solo nel rapporto che il bambino ha con gli altri coetanei: non parla, non ti ascolta, non sempre si gira se lo chiami. La scienza non è in grado di spiegare tutto ciò ed esclude che sia un problema psicologico. Ogni tanto rispunta l'idea che il bambino deve sbloccarsi... Il che non vuol dire nulla. I suoi problemi sono di natura diversa e i suoi comportamenti cambiano nel tempo". A rincarare la dose è Censi: "Il neuropsichiatria infantile vede il bambino una volta l'anno all'interno del consiglio di classe, e una o due volte l'anno in ambulatorio, ma mai all'interno di una situazione. E c'è l'aggravante che il sistema sanitario nazionale finanzia ospedali, ambulatori e non percorsi riabilitativi». Si punta, con questa nostra nuova esperienza, su un intervento attivo per 40 soggetti su circa 230 del territorio. E' un progetto sperimentale di assistenza integrativa, con l'aiuto economico dell'Ausl di Modena e la supervisione delle psicologhe Rita Nasi e Chiara Ferrari. «Il bambino vuole vivere nel mondo, nella società. Per questo le tecniche di riabilitazione - evidenzia Censi - hanno bisogno di un impegno comune e sinergico della famiglia, scuola, entità ludico-sportive e il mondo del lavoro. Un'operazione impossibile da realizzare solo in un contesto sanitario. La psicologa e il tutor agiscono nella struttura, a casa e negli ambienti ludici extra scolastici. Una completa "presa in carico" del bambino, per una cosiddetta valida "governance" quotidiana».

di Michele Fuoco

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