Autismo, le famiglie oggi sono lasciate sole

MILANO. Diagnosi in crescita, una stima di 150mila lombardi prigionieri nel loro mondo segreto, un solo centro pubblico dedicato a Milano. La denuncia delle associazioni: " Per il sistema sanitario dopo la maggiore età i nostri figli non esistono. Diventano vuoti a perdere" Diciotto anni, e poi il nulla. «Perché per il sistema sanitario, questi ragazzi appena compiuta la maggiore età non esistono più. E diventano dei vuoti a perdere». Anna Bovi, mamma di Andrea, 48 anni e una diagnosi di autismo che risale agli Anni Settanta, scuote la testa: da trent'anni si batte perché a questi pazienti - « che non hanno una malattia, ma una sindrome: è cosa ben diversa», puntualizza - vengano riconosciute cure e assistenza. «Ormai ho più di settant'anni, non so più a chi rivolgermi» . Anna Bovi è la presidente di Angsa lombardia, l'associazione che riunisce le famiglie con figli autistici: 150mila in Lombardia, secondo le stime. « Ma numeri precisi non ce n'è: quante volte abbiamo chiesto un'indagine epidemiologica alla Regione, che però non è mai stata fatta. A dimostrazione che di noi, e delle nostre rimostranze, nonostante le conferenze stampa e gli incontri anche con lo stesso Maroni, nessuno si vuole occupare».
È tutto qui, il problema delle famiglie con in carico bambini e ragazzi autistici: una sindrome di difficile diagnosi, più conosciuta oggi rispetto a dieci anni. Ma ancora in una sorta di limbo, soprattutto dal punto di vista dell'assistenza da dare ai pazienti una volta raggiunta l'età adulta. «Ogni anno noi facciamo circa 150 diagnosi nuove», racconta Monica Saccani: neuropsichiatra infantile, dirige il centro di via Ovada, che dipende dall'ospedale San Paolo ed è l'unico centro pubblico, in città, a occuparsi esclusivamente di bambini che si collocano nello spettro autistico. La struttura ha avuto un iter complicatissimo, dal 2010 all'anno scorso è stata inaugurata ben tre volte senza però mai entrare davvero in funzione. Perlomeno fino a un anno fa, quando ha iniziato davvero a lavorare. « Noi cerchiamo di trattare i sintomi nucleari dell'autismo, quali la capacità di comunicare con gli altri e di interagire con altre persone - spiega Saccani - . Per i bambini con disturbi dello spettro autistico, il "lavoro" inizia in età prescolare. E prosegue per tutta la vita».
Si va da chi ha un disturbo lieve, ed è ad alta funzionalità, a chi ha una disabilità importante: « Noi siamo attivi dal 2009: assistiamo bambini e giovani adulti fino ai trent'anni e li includiamo in progetti a carattere educativo, terapeutico e ricreativo», spiega allora Roberto Piccinelli, presidente di Spazio Nautilus Onlus. Si occupano di bambini con diagnosi di Asperger: seguono 170 persone, e «negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento della presenza di bambini anche molto piccoli. È segno che stiamo facendo passi importanti nel riconoscere e trattare la sindrome di Asperger».
Le difficoltà sono enormi: dai LEA, i livelli essenziali di assistenza, l'autismo in età adulta è fuori. «C'è una legge nazionale del 2015, e una regionale del 2016. E quella sul "Dopo di noi", fatta dal governo e tanto pubblicizzata - ricorda Bovi -. Il problema, però, è che finora si tratta di parole, a cui non sono seguiti dei fatti: non ci sono fondi o finanziamenti. E noi famiglie siamo ancora sole».

di Giulia Argenti Alessandra Corica 

I punti
1. Il fenomeno in aumento e le risposte da trovare. 
Le famiglie In Lombardia sono almeno 150mila le famiglie che hanno in carico un paziente con diagnosi di autismo: è la stima fatta da Angsa, la onlus dei genitori. 

2. Le diagnosi. Ogni anno al centro di via Ovada, che dipende dall'ospedale San Paolo, vengono fatte almeno 150 diagnosi nuove. La struttura oggi segue 70 pazienti 

3. L'assistenza. Le famiglie denunciano da anni carenze sul fronte dell'assistenza, soprattutto per i pazienti con autismo adulti.
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