Il lavoro di Maurizio Arduino Belle storie d'autismo e d'amore

Silvio amava la luce. All'asilo nido passava ore ad osservare con quali striature quella del sole attraversava la tenda semitrasparente che copriva la finestra dell'aula. Non smetteva di meravigliarsi alla vista dei granelli di polvere sospesi nell'aria, così illuminati che quasi ne scorgeva l'anima. Li conosceva uno ad uno e non poteva fare a meno di studiarli. Gli altri bambini ascoltavano la maestra raccontare le storie, giocavano, mangiavano, si sporcavano, dormivano.
Silvio non sentiva la necessità di relazionarsi. Non parlava, non sapeva dare un nome alle cose, non sapeva chiedere, nemmeno indicando, ciò che voleva. E infatti non voleva altro che la luce. Parlava, utilizzando frequenze ignote, solo con lei.
Silvio è un bambino autistico ed è il protagonista di una delle quattro storie raccontate da Maurizio Arduino in "Il bambino che parlava con la luce" (Einaudi Stile libero extra, 18 euro). Psicologo e psicoterapeuta, direttore del Centro autismo e sindrome di Aspergen di Mondovì, Arduino sceglie opportunamente uno stile narrativo e non saggistico per trasmettere a una platea più vasta di quella dei familiari dei pazienti e degli addetti ai lavori in che modo si possono superare le barriere apparentemente insormontabili che un autistico frappone tra sé e gli altri. Perché curare un bambino autistico richiede strategia, flessibilità, pazienza, intelligenza, coraggio. Occorre essere un po' psicologi, un po' terapeuti, un po' ingegneri della pedagogia e del comportamento. Ogni paziente rappresenta una sfida nuova, difficile. La preparazione specifica è necessaria, ma non basta. Occorre interagire con la famiglia, con la scuola, con i terapeuti. Ed essere molto tenaci perché quando si assiste una persona autistica sono frequenti i momenti in cui si pensa di non farcela.
Invece le storie che racconta Arduino sono tutte a lieto fine. E sono belle e avvincenti perché l'autore seguendo un filo cronologico riesce a raccontare sensazioni, sentimenti, sa rappresentare la psicologia dei personaggi, che poi sono persone reali.
Come Cecilia che a tre anni si era chiusa in un mondo fatto solo di funi, fili di lana e corde. Non parlava, dava l'impressione di non vedere chi le stava intorno. Stava bene solo con i suoi fili. Portarglieli via significava suscitare reazioni veementi. O come Elia che quando il padre gli allacciava le scarpe lo prendeva a calci e diceva: «Papà non si deve inginocchiare, papà deve stare in piedi» e che, contrariamente a Silvio, odiava la luce e pretendeva di vivere al buio. O come Matteo che, al contrario degli altri, aveva abilità superiori alla norma e un quoziente intellettivo di 140 ma comportamenti ripetitivi e stava rinchiuso nel suo mondo di orologi e numeri.
Le loro vicende hanno un epilogo sorprendente, catartico. Arduino dimostra che ogni problema ha una soluzione e che per ognuna delle tante forme di autismo c'è un antidoto. In fondo il suo è un libro incoraggiante. Non solo per chi ha a che fare con la malattia ma per chiunque sia arrivato in fondo a un tunnel e pensi che uscirne sia impossibile. Non è quasi mai così.

di Fabio Manca


 

Condividi su Facebook