L’imprenditore che aiuta gli autistici a trovare un lavoro

Il New York Times ci racconta la storia di una coppia danese, Thorkil Sonne e la moglie Annette e del loro rapporto con l’autismo, nato dopo che il loro figlio di tre anni, Lars, era affetto da questa malattia.

VITA DIFFICILE. Cosa fare quando un figlio si ammala? S’inizia a leggere per capire meglio la malattia, affrontando la tristezza e le difficoltà. Lars avrebbe avuto una vita difficile, mai completamente indipendente, si sarebbe dovuto rapportare con un mondo che non l’avrebbe capito. Questo era il contenuto delle letture. Invece Lars era tutto fuorché triste. Era felice, allegro, cresceva e mostrava al mondo le proprie abilità. Lars sapeva tutto, ricordava tutto, poteva dire anche l’orario ferroviario della stazione di Copenhagen per dare una mano ai genitori, pendolari.

L’IDEA. A sette anni poi Lars riuscì a replicare a memoria tutto un atlante geografico tracciando su dei fogli dei quadrati colorati con dei numeri, corrispondenti alle pagine ed ai contenuti. Tutto a memoria, a soli sette anni. Il papà rimase senza parole. Attenzione, cura, perfezione. Sonne, direttore tecnico di un’azienda legata alla Tdc, l’azienda pubblica di telecomunicazioni danese, capì che le qualità di Lars avrebbero potuto fare molto comodo ad un’azienda. A quel punto iniziò a confrontarsi con altri genitori di figli autistici avendo la prova che cercava. Chi più chi meno, erano tutti come il figlio, Lars.

UNA NUOVA VITA. A questo punto ecco l’idea, coadiuvata da associazioni del settore. Perché non creare un’azienda che faccia da tramite con il mondo del lavoro far fare lavori noiosi e ripetitivi come inserimento dati o controllo di tabelle ai ragazzi autistici, assolutamente impeccabili in questo tipo di operazioni? Lasciato il suo lavoro di tecnico ha dato il via ad una nuova realtà, chiamata “Specialisterne”, parola danese per “specialista”. Il concetto di base è semplice: in un giusto ambiente un ragazzo autistico non diventa solo un premi-bottone, ma una risorsa concreta.

IL PREMIO. Nel primi decennio di vita l’azienda impiegava 35 autistici usati come consulenti per 19 aziende del Paese. Sonne però si è fatto un nome nel mondo vincendo in occasione del World Economic Forum di Tianjin, Cina, dello scorso settembre, uno dei 26 premi per l’imprenditoria sociale. Specialisterne è diventata un’ispirazione ed ora possiede cinque aziende in giro per il mondo. Tali numeri hanno portato la famiglia a fare il grande passo, ovvero a trasferirsi negli Usa, paese dove ogni anno diventano maggiorenni 50 mila autistici.

GRAZIE. L’idea di Sonne è stata semplice ma per certi aspetti nessuno ci aveva mai pensato prima di lui. Negli Usa, come dimostrano alcuni studi, i ragazzi autistici non vanno all’università e possono aspettare anche due anni dopo il college prima di trovare lavoro. Ed in tutto questo non riescono ad essere autosufficienti. Per questo Sonne ha ricevuto e riceve tutt’ora ogni giorno centinaia di messaggi di ringraziamento da parte di famiglie di ragazzi affetti da questo terribile problema. Addirittura una donna delle Hawaii si è detta disponibile a trasferirsi in Danimarca pur di far lavorare il figlio nella Specialisterne.

NON E’ PER TUTTI. Eppure non è tutto oro quel che luccica. Sonne lo sa benissimo. Non tutti gli autistici sono portati nel lavoro, così come non tutte le persone possono compiere determinate mansioni. E’ solamente umano. Per questo motivo la sua azienda in genere compie una grande scrematura così da trovare le figure più affidabili per i lavori di precisione e controllo che richiedono i clienti della sua creatura. Quella di Sonne non è un’associazione ma un’impresa, e come tale dev’essere vista e trattata.

PRECISIONE. La Tdc è stata il primo cliente di Sonne. Qui gli autistici si occupano dell’aggiornamento dei software dei telefonini. Una persona normale dopo un po’ vedrebbe la sua attenzione calare e cercherebbe delle scorciatoie per risolvere meglio il lavoro con conseguenze nefaste per quanto riguarda la produttività. Invece gli autistici si dimostrano a proprio agio in un controllo quasi ossessivo di quello che a tutti gli effetti è un lavoro di catena di montaggio. Christian Andersen è un altro consulente di Specialisterne che lavora da Lundbeck, una compagnia farmaceutica tra le più importanti della Danimarca. Qui gli autistici si occupano di verificare che i documenti dei prodotti corrispondano con le evidenze sul pc.

I TEST. Per decenni gli scienziati hanno sottovalutato le capacità dei ragazzi autistici. Ora invece le cose sono diverse. Un team di scienziati canadesi ha pubblicato un documento nel 2007 dimostrando come questi ragazzi siano dotati di grandi capacità da usare in maniera accorta. Secondo il test di Welscher, conosciuto come modello standard per la verifica dell’intelligenza nei ragazzi affetti da autismo, un terzo dei bambini dimostra delle disabilità intellettuali e nessuno ha una buona intelligenza. Attraverso invece il Raven’s Progressive Matrices, un altro test dell’intelligenza che non prende però in esame le abilità di linguaggio, gli stessi ragazzi hanno avuto risultati migliori con tanto di alta intelligenza. Anzi, qualcuno di questi ragazzi ha dimostrato di avere capacità superiori a quelle dei normodotati riuscendo addirittura a lanciarsi in complesse immagini mentali di oggetti tridimensionali.

PROBLEMI RELAZIONALI. Purtroppo l’intelligenza non basta. Come tutti sanno ci vuole anche una buona capacità relazionale per lavorare in un ufficio. Queste difficoltà si riscontrano anche nella Specialisterne. In Danimarca è tradizione portare una torta in ufficio il venerdì ma i ragazzi autistici, per quanto contenti della merenda, non riescono a partecipare preferendo un approccio più “tranquillo”. In azienda è anche presente una “scuola” nella quale i dipendenti o i ragazzi possono esprimere la propria creatività con i lego.

E’ UN LAVORO. Invece in Usa le cose saranno lievemente differenti. A differenza di quanto non accada in Danimarca, in America il governo non incentiva l’assunzione di ragazzi autistici e non paga l’azienda. Invece in Delaware ci penseranno le singole fondazioni. Gli stipendi saranno più bassi e bisognerà lottare per avere finanziamenti. Inoltre ormai c’è la percezione che gli autistici siano dei geni. Non è vero, sono persone come tutti le quali, come già detto, possono non avere l’attitudine lavorativa. In fondo una persona può fare del suo meglio per dare una speranza, ma un lavoro è sempre un lavoro e non tutti possono avere il loro posto al sole. L’importante è regalare una speranza. Il resto verrà da se. (Photocredit Specialistpeople.com)

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