La società accolga anche la diversità

RIVA DEL GARDA. «Nella società dev'esserci spazio per la diversità e soprattutto per la neurodiversità». Hilde De Clerq, linguista, formatrice nel programma Teacch della Carolina del nord, anticipa con un appello la propria presenza al convegno «Autismi» in corso a Riva. Autrice de «Il labirinto dei dettagli» e de «L'autismo da dentro», una guida pratica per genitori di bambini autistici nata dall'esperienza personale, oggi al Palacongressi l'esperta parlerà della diversa significazione, origine dei Dsa. Hilde De Clerq, cosa significa il titolo «L'autismo da dentro»? «È un modo per dire che dobbiamo capire l'autismo dall'interno e non fermarci all'esteriorità. Spesso le persone si concentrano solo sui problemi comportamentali che sono la punta dell'iceberg; bisogna invece capire la loro genesi per trovare un modo di interfacciarsi con le persone con disturbi dello spettro autistico. Il loro cervello lavora diversamente rispetto a quello delle persone neurotipiche». In che senso? «I cosiddetti normodotati hanno un filtro nel cervello che permette di capire subito cosa è importante e cosa non lo è e di concentrarsi sulle cose fondamentali. Le persone autistiche non possono farlo: il loro cervello è un computer senza filtro anti-spam. Bisogna poi ricordare che non esiste l'autistico tipico, ognuno è diverso». Come si costruisce una relazione con una persona autistica? «Con la consapevolezza che non capisce quello che noi comprendiamo istintivamente: hanno difficoltà con tutto ciò che è simbolico. Per loro le relazioni sociali, leggere le facce e i sentimenti è complesso. Le persone neurotipiche sono pensatori concettuali, quelle con Dsa non vanno oltre la percezione dei dettagli. Un esempio è quello del bimbo che si schiaccia un ditino nella portiera di un'automobile blu e assocerà per sempre quel colore al dolore. Le persone autistiche hanno i loro significati privati; vanno loro insegnati quelli condivisi». Quali consigli dà a un genitore che deve affrontare una diagnosi di Dsa? «Tutti i genitori capiscono bene i propri figli, ma nessuno conosce l'autismo dalla nascita. Perciò consiglio l'approfondimento. I parenti cerchino anche di adattare il mondo al significato che vi danno i loro bambini». E la società come reagisce? «È difficile spiegare i disturbi autistici alla società perché sono i più invisibili tra gli handicap: non si leggono in faccia come a un bambino con la sindrome di Down, né in una sedia a rotelle. La sfida per la società è comprendere che le persone ragionano in modo diverso. Chi decide cosa è normale e cosa non lo è? Ognuno ha diritto al proprio spazio indipendentemente da come lavora il suo cervello. La società deve essere più sensibile nei confronti dei suoi cittadini più vulnerabili, trattare con rispetto le persone autistiche e fare spazio per la neurodiversità».

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