Dentro la "burocrazia della disabilità": tra uffici e sale d'attesa, manca "Ufficio handicap unico"

ROMA - Certificazioni, verifiche, contrassegni, accertamenti, documentazioni: sono alcuni dei tasselli della "burocrazia della disabilità". Un vero e proprio calvario, per le persone disabili e per i loro familiari, un percorso a ostacoli tra uffici e sale d'attesa, studi medici e commissioni, per raggiungere un unico obiettivo: ottenere quel (poco) che spetta a chi ha bisogno di assistenza. Con Simona Bellini, mamma di una ragazza con grave disabilità e compagna di un uomo disabile, noncHé presidente del Coordinamento delle famiglie di disabili gravi e gravissimi, proviamo a ripercorrere almeno i passaggi "obbligati" di questa "burocrazia della disabilità". La soluzione? "Un ufficio handicap unico, che abbia non solo una funziona informativa, come la maggior parte degli sportelli H oggi esistenti, ma possa anche concretamente svolgere tutti gli adempimenti necessari, risparmiando alle famiglie tanti passaggi, tanti spostamenti, tante attese".

Riconoscimento della disabilità. La prima tappa per il riconoscimento della disabilità è lo studio del medico di base, a cui segue la visita di accertamento o verifica presso la commissione, alla quale però occorre presentare tutta una serie di documenti. Per averli, sono necessarie altre "tappe", presso i diversi specialisti. "E' poi possibile - spiega la Bellini - che si rendano necessarie ulteriori verifiche, quindi ulteriori visite". Tutto questo, solo per il riconoscimento della disabilità... Ausili. "Per quanto riguarda gli ausili generici, come per esempio i pannoloni, occorre andare dal medico di base ogni tre mesi per farsi fare la richiesta, che poi ogni volta deve essere portata alla Asl, affrontando la solita file!". Diversa la procedura per la richiesta degli ausili cosiddetti "periodici", come le sedie a ruote. "In questo caso - spiega la Bellini - occorre andare dal medico per la richiesta, poi alla sanitaria per il preventivo, quindi alla Asl per l'autorizzazione del preventivo, poi di nuovo alla sanitaria per consegnare lo stesso preventivo e ordinare l'ausilio: una volta consegnato, l'ausilio dovrà essere portato alla Asl e per il collaudo, quindi si dovrà tornare alla sanitaria per consegnare il documento del collaudo!"

Scuola. Per la definizione del piano individuale, occorre innanzitutto la certificazione dello specialista, che poi andrà consegnata alla scuola. "A questo punto - racconta la Bellini - inizia l'iter burocratico: la partecipazione (sacrosanta!) ai glh (gruppi lavoro handicap, ndr). Ogni volta che ci sono difficoltà, cioè quasi sempre, occorre però rivolgersi all'esterno: al provveditorato, per quanto riguarda l'insegnante di sostegno; al comune, per l'assistenza igienico sanitaria".

Contrassegno disabili. Per ottenerlo, occorre innanzitutto la documentazione del medico, che va consegnata all'ufficio preposto. "L'assurdità, però, è un'altra: almeno qui a Roma, ogni volta che il disabile non è a bordo dell'auto ma tu devi entrare in un varco, devi avvertire il comune che circolerai senza il disabile a bordo. Per esempio, quando vado a riprendere mia figlia al centro diurno, se devo attraversare un varco ztl devo avvertire il comune che viaggerò senza mia figlia a bordo!"

Centri diurni. Anche per l'accesso a queste strutture, il primo passaggio è presso il medico di base: "alcuni centri - riferisce la Bellini - chiedono che la richiesta sia rinnovata ogni 60 giorni!". La stessa richiesta va poi consegnata al centro riabilitativo, che firma il progetto. Una volta concluso il programma, il relativo documento deve essere ritirato presso la struttura.

Certificazione dei redditi e richiesta provvidenze. Una volta l'anno, la persona disabile deve certificare i propri redditi, solo ed esclusivamente per via telematica, per poter prendere pensione. Sempre una volta l'anno, deve autocertificare di non essere ricoverato in istituto. Per chiedere le provvidenze, occorre innanzitutto ottenere il verbale di disabilità presso la commissione, che deve poi essere consegnato alla stessa Inps: "Lo ottieni all'Inps, lo riporti all'Inps: questa è proprio bella!", ironizza la Bellini

"Una delle incombenze più mortificanti, però - assicura ancora la Bellini - è il rendiconto al giudice tutelare. Quando la persona disabile è maggiorenne e il caregiver si occupa anche del suo patrimonio - spiega - il genitore deve giustificare come spende i soldi delle provvidenze che il figlio riceve. Parliamo di massimo 750 euro al mese: chi riuscirebbe a vivere fuori dalla famiglia con questa cifra?? E' chiaro che il genitore ci mette del suo, eppure deve rendicontare tutto, presentando scontrini, ricevute, fatture, bollette... Non è solo impegnativo, ma anche mortificante"

Assistenza domiciliare. Per ottenere l'assistenza, sono necessarie altre trafile, generalmente presso uno degli uffici del comune di residenza: "a Roma, questo significa viaggi continui, file continue, 5-6 anni di attesa - Una volta presentata la domanda, resti in attesa della risposta. Ti sarà assegnata quasi certamente l'assistenza diretta, che qui in Italia indica quella fornita dall'ente locale. Curioso, perché in tutta Europa quella si chiama indiretta, mentre l'assistenza diretta è quella in cui sono le famiglie ad assumere gli assistenti. Ma questo è un altro problema..."

Le proposte. "Un ufficio handicap unico, un sostegno assoluto alla domiciliarità familiare e la rivisitazione delle classificazioni della disabilità": queste, in sintesi, le proposte di Simona Bellini, che è portavoce anche dei bisogni e delle difficoltà di tante famiglie di disabili. "L'ufficio H non dovrebbe essere puramente informativo, ma dovrebbe diventare punto di riferimento unico per sbrigare tutte le incombenze burocratiche legate alla disabilità - spiega - Per quanto riguarda la domiciliarità, questa dovrebbe essere sostenuta, risparmiando tutti i soldi che oggi si investono nelle Rsa. Infine - conclude - è necessario identificare e riconoscere una disabilità di grado più elevato, visto che oggi non esiste nulla oltre il 100% di invalidità, che però accomuna situazioni molto diverse. Anche il caregiver, poi, sarebbe ora che in Italia fosse giuridicamente riconosciuto, come avviene in quasi tutta Europa".

di Chiara Ludovisi

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