Nuovi modelli di presa in carico per l'autismo

Diagnosi a partire dal 18° mese, interventi frequenti e tempestivi nelle prime fasi e coinvolgimento delle famiglie e della scuola: sono questi i princìpi su cui si basa il nuovo modello organizzativo di trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico, avviato in Lombardia presso l’Istituto Scientifico Medea e i Centri di Riabilitazione dell’Associazione La Nostra Famiglia, il cui primo obiettivo è sostanzialmente la continuità di cura.

BOSISIO PARINI. È partito in Lombardia, presso l’Istituto Scientifico Medea di Bosisio Parini (Lecco) e i Centri di Riabilitazione dell’Associazione La Nostra Famiglia, il Progetto NOAH (New Organization for Autism Healthcare), nuovo percorso rivolto a bambini con autismo, il cui presupposto è la continuità di cura dall’ospedale al territorio.
Si tratta di un modello organizzativo che intende far fronte a un bisogno clinico e riabilitativo emergente: se infatti nel 2000 si parlava di autismo che colpiva un bambino su 700, oggi si parla di uno ogni 150 e in alcune stime anche di più. Inoltre – in considerazione della loro gravità, pervasività e cronicità – i disturbi dello spettro autistico determinano, nei bambini che non hanno ricevuto un adeguato trattamento, una sequela di conseguenze che, nei casi più gravi, comportano isolamento e mancata inclusione sociale.
Allo stato attuale, la cura dell’autismo rientra nell’area indistinta della riabilitazione, “tarata” sulle disabilità conseguenti a un evento traumatico, che prevede cioè cinque ore di trattamento a settimana per bambino: nell’autismo, invece, gli scopi dell’intervento terapeutico e riabilitativo sono una diagnosi precoce, già a partire dal 18° mese, e interventi frequenti e tempestivi durante le prime fasi dello sviluppo, unica finestra temporale dove è possibile incidere positivamente sull’evoluzione della patologia (entro i 6 anni di età è possibile un’uscita dalla diagnosi tra il 3 e il 20%, secondo alcuni lavori usciti in letteratura).

Il nuovo percorso adottato al Medea e alla Nostra Famiglia, anche in tempi di spending revew e «senza maggiori oneri per la finanza pubblica», come recita la recente Legge 134/15 sull’autismo, prevede interventi con un’intensità decrescente a scansione semestrale dal momento della diagnosi fino all’ingresso nella scuola primaria: si parte quindi con otto ore settimanali di interventi ambulatoriali basati sulle tecniche di derivazione ABA (Analisi del Comportamento Applicata) di ultima generazione – quelle con maggiore efficacia e rispetto delle dinamiche evolutive, come confermato da una recentissima rivista internazionale nell’ottobre dello scorso anno – applicate tempestivamente dopo la diagnosi da un’équipe di psicologi, educatori, logopedisti e neuropsicomotricisti.
Il modello prevede poi la presenza “in box” di genitori e di operatori della scuola dell’infanzia, in relazione alle fasi cruciali di sviluppo, per trasferire alle figure maggiormente a contatto con il bambino le competenze necessarie che ne facilitino la positiva evoluzione.
La presa in carico prosegue quindi con un processo di integrazione socio-sanitaria durante la scuola primaria, cui si accompagna un simmetrico percorso di coinvolgimento del contesto socio-familiare del bimbo, che ha un effetto moltiplicatore del trattamento e della sua efficacia: fondato nelle prime fasi principalmente sull’empowerment [crescita dell’autoconsapevolezza, N.d.R.] specifico dei genitori e degli educatori durante la scuola dell’infanzia, in seguito si rafforza progressivamente anche con interventi sui contesti, in collaborazione con altre agenzie del territorio e in supporto all’integrazione scolastica e sociale (approccio TEACCH-Treatment and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children).
Il tutto in linea con le evidenze scientifiche e con le linee guida per l’autismo, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, con La Nostra Famiglia che a copertura parziale dei costi del nuovo modello di intervento, destinerà una parte dei fondi del proprio 5 per mille.

Pertanto, una volta a regime, nei sette Centri di Riabilitazione della Nostra Famiglia presenti in Lombardia coinvolti nel progetto (Lecco, Bosisio Parini, Carate Brianza, Ponte Lambro, Como, Sesto San Giovanni e Castiglione Olona) saranno seguiti 224 bambini tra i 2 e i 6 anni, con un percorso a intensità decrescente, e 280 bambini della scuola primaria, con una presa in carico di tipo socio-sanitario, per un totale di circa 500 bimbi nei territori delle Agenzie di Tutela della Salute (ATS) della Brianza e dell’Insubria.
Si tratta di una novità organizzativa che risponde a una duplice esigenza: da una parte interpretare al meglio l’evoluzione del sistema sanitario lombardo entrato da poco in vigore, che tende ad equilibrare «l’asse di cura tra ospedale e territorio, in una logica di valorizzazione di entrambi i sistemi e di continuità assistenziale», dall’altra parte sperimentare la possibilità di un intervento che applichi le linee-guida sin dalle prime fasi dello sviluppo del bambino.
«Il nostro primo obiettivo – sottolinea Francesca Pedretti, che dirige i centri lombardi della Nostra Famiglia – è la continuità di cura: per questo svilupperemo collaborazioni con le Agenzie per la Tutela della Salute e con le Aziende Socio Sanitarie Territoriali. Un problema così grande e urgente non può essere risolto in solitudine da nessuno». (C.T.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa IRCCS Medea-La Nostra Famiglia (Cristina Trombetti), ufficio.stampa@lanostrafamiglia.it.

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