Autismo: uno studio su ‘Nature’ conferma la componente genetica

Un'italiana ricercatrice al Mount Sinai di New York, Silvia De Rubeis, prima firmataria dello studio sull'autismo: “abbiamo individuato 33 geni che, se mutati, conferiscono un alto rischio per l’insorgenza dell’autismo”

La conferma di come l’autismo sia un disordine con una forte componente genetica è arrivata nei giorni scorsi dagli Stati Uniti. Prima firma dello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale ‘Nature’ è quella di una ricercatrice italiana, Silvia De Rubeis, che lavora nel laboratorio di Joseph Buxbaum presso il Seaver Autism Center for Research and Treatment, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, a New York.Tra i firmatari dello studio anche Mark Daly (Broad Institute di Harvard e MIT), Bernie Devlin (University of Pittsburgh) e Kathryn Roeded(Carnegie Mellon University). “Studi condotti su famiglie e gemelli hanno dimostrato una forte componente genetica del disturbo; ad esempio, nei gemelli identici (monozigoti), che condividono lo stesso DNA, se uno dei due gemelli ha l’autismo l’altro lo sviluppa in 7-9 casi su dieci, mentre nei gemelli non identici (dizigoti) questa concordanza scende a 1 su 10 – spiega Silvia De Rubeis - L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di identificare le lesioni genetiche (mutazioni) alla base della malattia nel più ampio campione di pazienti possibile. Per farlo, nel 2010, numerosi gruppi di ricerca che si occupano di questa area di studio hanno formato un consorzio che si chiama Autism Sequencing Consortium. L’idea è quella di mettere insieme un elevato numero di pazienti e controlli al fine di avere un importante campione di studio che abbia sufficiente potere statistico” spiega l’esperta. “Il nostro studio ha coinvolto 14000 individui di cui 3900 sono pazienti affetti da autismo e i restanti sono soggetti di controllo, ovvero genitori dei soggetti malati e individui non affetti di simile discendenza (ad esempio, controlli di stirpe europea per pazienti di stirpe europea). Abbiamo cercato delle mutazioni che potessero spiegare l’insorgere della patologia; tra queste, ci sono quelle mutazioni che sono presenti nel paziente affetto ma non nei genitori (mutazioni de novo) e che distruggono la funzionalità di un gene. Per farlo abbiamo utilizzato una moderna metodica (sequenziamento dell’esoma) che consente di sequenziare una parte precisa del patrimonio genetico di un individuo: la porzione di DNA che codifica per le proteine presenti nel nostro organismo e che rappresenta la fonte principale di lesioni genetiche che possono dare origine a malattie genetiche. Così facendo abbiamo individuato 33 geni che, se mutati, conferiscono un alto rischio per l’insorgenza dell’autismo, ed un più ampio gruppo di 107 geni che contribuiscono alla suscettibilità” continua Silvia De Rubeis.

I processi biologici dell’autismo. Mappando questi geni, cercando di capire come questi interagiscono fra loro e quali funzioni hanno le proteine per le quali codificano, i ricercatori sono riusciti a individuare tre processi biologici compromessi in caso di autismo. Si tratta di: 1) il rimodellamento della cromatina, cioè la struttura che organizza il DNA. Questa struttura è molto dinamica, e il suo rimodellamento ha importanti conseguenze sull’espressione dei geni, sulla duplicazione del DNA ogni volta che una cellula si divide e su altri importanti processi; 2) la regolazione dell’espressione dei nostri geni, strettamente connessa al rimodellamento della cromatina; 3) la struttura delle sinapsi, ovvero i punti di contatto e comunicazione tra le cellule nervose. Studi precedenti nell’ambito dei quali era stata utilizzata la stessa tecnica avevano identificato 9 geni. Con questo studio, ora se ne conoscono 33 che sicuramente sono associati al rischio di autismo e 107 che con alta probabilità contribuiscono al rischio. Da rilevare che alcuni dei geni scoperti sono anche coinvolti in altri disturbi neurologici che spesso si manifestano in pazienti autistici, tra cui disabilità intellettiva, epilessia e schizofrenia. “Questo importante risultato è stato ottenuto grazie allo sforzo sinergico di collaborazione e coordinamento di più di venti gruppi di ricerca a livello internazionale- commenta Silvia De Rubeis – Studi su piccoli campioni di pazienti non portano lontano. E’ necessario unire le forze in maniera tale da aggregare i risultati. Questa è la strada da percorrere”. “L’orientamento del nostro lavoro per il futuro è quello di estendere le nostre analisi ad altre classi di mutazioni e avviare studi che abbiano uno sguardo su più fronti. Per farlo il consorzio sta raccogliendo nuovi pazienti, sta reclutando nuovi gruppi di ricerca e sta collaborando con gruppi che si occupano di disabilità intellettive e schizofrenia”, conclude la studiosa.

La ‘bufala dei vaccini’. Era il 1998 quando Andrew Wakefield dava vita alla bufala del potenziale legame fra vaccini e autismo. Bufala di cui in Italia sono ancora evidenti gli strascichi, nonostante l’assenza di prove più volte ribadita dalla comunità scientifica. Nel 2010 Andrew Wakefield fu radiato dal Medical Register per frode scientifica: aveva falsificato i dati dei suoi lavori al fine di dimostrare una correlazione fra l’autismo e il vaccino trivalente anche indicato con l’acronimo MPR (Morbillo Parotite Rosolia). (CHIARA FINOTTI)

Fonte:http://www.nature.com/nature/journal/vaop/ncurrent/full/nature13772.html

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