Non autosufficienza, ai disabili gravissimi il 40% del Fondo

ROMA. E' ufficiale, dopo la pubblicazione avvenuta in Gazzetta ufficiale, la decisione - presa in accordo dal governo e dalle regioni - di assegnare non il 30% ma il 40% del Fondo nazionale per la non autosufficienza relativo all'anno 2014 agli interventi di assistenza domiciliare per le persone con disabilità gravi e gravissime: l'accordo definisce anche cosa debba intendersi esattamente per "disabilità gravi e gravissime", mettendo nero su bianco una definizione che ha sollevato qualche protesta fra le famiglie ma che ha il pregio di mettere un confine preciso. Ai disabili gravi e gravissimi andrà dunque il 40% dei 340 milioni di euro che sono stati assegnati alle regioni (334 milioni 560 mila euro) e alle province autonome di Trento e Bolzano (5 milioni 440 mila euro): la cifra destinata alla disabilità gravissima, che dunque ammonta a circa 136 milioni, va ad aggiungersi ai 75 milioni di euro che già in fase di legge di stabilità erano stati loro assegnati. Gli altri 10 milioni della quota del Fondo per la non autosufficienza definito in legge di stabilità - 350 milioni - sono stati assegnati al ministero del Lavoro e Politiche sociali, che dovrà utilizzarli per azioni di natura sperimentale volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, ed in particolare per quelle attività previste nel capitolo "Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società" (anche questi fondi saranno a suo tempo attribuiti ai territori coinvolti nella sperimentazione, secondo le Linee guida adottato dallo stesso dicastero).

Sugli interventi di assistenza domiciliare diretta e indiretta, dunque, l'accordo raggiunto fra stato e regioni precisa che la condizione di disabilità gravissima che dà accesso a tali risorse è "quella delle persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continuativa e monitoraggio di carattere sociosanitario nelle 24 ore, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psico-fisiche, con la compromissione delle funzioni respiratorie, nutrizionali, dello stato di coscienza, privi di autonomia motoria e/o comunque bisognosi di assistenza vigile da parte di terza persona per garantirne l'integrità psico-fisica". Qualche protesta è arrivata a caldo da chi ha temuto da tale definizione escludesse alcune disabilità intellettive e relazionali - come l'autismo - ma il timore non pare fondato. "Il decreto di riparto e l'accordo firmato - spiega Carlo Giacobini della Fish - si riferiscono anche alla necessità di assistenza per preservare l'integrità psicofisica", il che permette di considerare anche "gran parte dei ragazzi" che vivono con tali disabilità. Ma al di là di questo Giacobini fa notare che "il decreto non può che essere disorganico perché va letto in un contesto molto più generale, che è quello in cui sono le politiche complessive sulla disabilità ad essere deboli, non eque e frammentate". Secondo l'esperto "c'è una grande distorsione, che risiede nella convinzione che tutti i problemi di assistenza per tutti i disabili debbano essere risolti con un Fondo che, al contrario, ha una sua stretta specificità: al contrario, l'insieme delle esigenze vanno risolte con l'insieme degli interventi e delle politiche sociali. Il Fondo per la non autosufficienza consta solo di 350 milioni, non certo adeguati a coprire il monte delle esigenze dell'intera disabilità: alle disabilità gravissime viene destinato il 40% del fondo ma agli altri rimane il 60%, detratti 10 milioni che rimangono al ministero per progetti di vita indipendente". 

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