Storia dell'autismo, dalla "madre frigorifero" al nuovo attivismo dei genitori

Nel libro edito di Adam Feinstein (Uovonero) oltre 100 anni di evoluzione del concetto e dei trattamenti per la patologia attraverso le voci di psichiatri, psicoterapeuti e familiari. Ma lo stigma, purtroppo, persiste.

ROMA. Adam Feinstein era un giornalista e direttore di una rivista specializzata in affari esteri pubblicata dall’International Press Institute. Fino al giorno in cui comprese, più o meno casualmente, che gli strani comportamenti del suo piccolo Johnny avevano un’unica causa: suo figlio era autistico. Da quel giorno, circa 18 anni fa, ha dedicato molte delle sue energie a comprendere meglio questo disturbo. E oggi è direttore di “Autism Cymru”, l’ente benefico nazionale gallese per l’autismo, nonché fondatore ed editore della rivista internazionale “Looking up”. Per questo il volume “Storia dell’autismo. Conversazioni con i pionieri”, appena pubblicato da Uovonero (pagine 432, euro 20), è il frutto dell’impegno di una vita. Il libro, infatti, ripercorre l’evoluzione del concetto di autismo e dei relativi trattamenti attraverso le voci di psichiatri, psicoterapeuti e familiari che hanno fatto la storia con le loro convinzioni e il loro impegno. Un viaggio lungo oltre un secolo, in cui l’autore ha avuto modo di incontrare i pionieri del settore, nei quattro angoli del pianeta. Al volume il mensile dell’Inail SuperAbile Magazine, nel numero di maggio, dedica una recensione.

Appassionanti le pagine dedicate all’influenza del pensiero di Bruno Bettelheim e del suo celebre volume “La fortezza vuota”, dato alle stampe per la prima volta nel 1967. Quel libro, che ratificò il concetto di madre frigorifero, accusava i genitori di essere responsabili dell’autismo dei propri figli. In breve il trattato divenne un best-seller, la cui dolorosa influenza ebbe una ripercussione mondiale, ancora oggi lungi dall’essere cancellata. Ma l’opera di Bettelheim andò molto oltre: per lui l’autismo era una malattia che si poteva curare solo separando i bambini dai genitori. Una pratica concretamente attuata nella Orthogenic School, dove i piccoli vivevano lontano dalle famiglie. Dopo la morte del luminare, la residenza divenne oggetto di critiche da parte dei sui stessi ex allievi, i quali raccontarono di aver subito violenze sia fisiche che psicologiche.

Ci vollero anni per assolvere definitivamente i genitori, e in alcuni contesti l’accusa è ancora dura a morire. Ma se molto è cambiato è stato anche grazie alla battaglia delle stesse famiglie, che a partire dagli anni Sessanta hanno cominciato a fondare le prime associazioni nazionali e internazionali. Una ribellione fondamentale e dagli esiti imprevisti. E un impegno, quello delle famiglie, da cui gli specialisti non possono più prescindere nell’elaborazione delle proprie teorie. Nonostante i passi avanti, tuttavia, la vita con un bambino autistico resta comunque una grande sfida. E lo stigma rimane più o meno lo stesso ovunque. La storia non finisce, ci sono ancora molte battaglie da continuare a combattere nei prossimi anni. (ap)

 

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