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Film Fest, “Pulce non c’č": un’infanzia diversa all’ombra del dubbio
ROMA. Continua a far centro in due bersagli ben distanti la sezione "Alice nella città", riuscendo con il film italiano in gara a turbare e intenerire al tempo stesso. Un’impresa non certo facile, frutto del buon esordio alla regia di Giuseppe Bonito "Pulce non c’è". Il punto di partenza è un romanzo (anch’esso d’esordio) molto premiato nel 2009 e firmato dalla torinese Gaia Rayneri, che raccontava di una dura realtà autobiografica con uno sguardo da dentro penetrante e sofferto.
TRA DISINCANTO E DENUNCIA - L’universo della narrazione è quello domestico dei Camurati, nucleo familiare a quattro: madre casalinga apprensiva, papà medico esausto, figlia maggiore adolescente-anatroccolo e figlia minore autistica, soprannominata Pulce appunto. Faticosamente, in una Torino bellissima e bruttissima al contempo (come questa storia, come tutti i drammi) la vita procede intorno alla ragazzina, coccolata da ciascun parente, non senza nevrosi e momenti di crisi. Poi, arriva un’accusa infamante nei confronti di papà Gualtiero, un’accusa che porterà la piccola Pulce in una casa famiglia, ma che non è spiattellata agli occhi dello spettatore, sin troppo abituato a shock e momenti di rottura. Il peggio si intuisce e il sospetto si insinua, rivelandosi sottilmente poco a poco da dentro la famiglia, con cui condividiamo una tensione montante, più che un pensiero razionale su questo sfibrante pellegrinaggio tra psicologi, avvocati e medici legali. Insomma, c’è una pesante ipotesi di molestia che incombe, e che congela la vita dei protagonisti in un dignitoso atteggiamento sabaudo: sotto si muovono il timore e la speranza, mentre si finge che tutto proceda. Anche se, ad esempio e a proposito di ghiaccio, la mamma mette i surgelati in padella senza scongelarli. E allora ci pensa la figlia maggiore Giovanna, depositaria del punto di vista della vicenda, nonché tredicenne alle prese con le prime cotte, a regolare la giusta temperatura in una storia esemplare, che oscilla tra disincanto e denuncia. Ingredienti e sensazioni differenti che si amalgamano nella varietà di interpreti chiamati a raccolta: c’è la presenza scenica imponente di Pippo Delbono, l’irrequietezza di Marina Massironi, l’affidabilità di Giorgio Colangeli e Piera Degli Esposti, fino alle credibili prove delle giovanissime protagoniste femminili. I diari familiari dolenti e controversi non mancano certo nel panorama cinematografico italiano, per carità, ma Pulce non c’è è un’operazione così onesta e intelligente (e mai noiosa) da farci dimenticare questa eccessiva tendenza del nostro cinema: un atto di rimozione non lontano da quello compiuto dalla famiglia Camurati.
di Diego Carmignani