"Albo signanda lapillo dies"

I romani avevano un’usanza molto particolare che è descritta nella locuzione latina “Albo signanda lapillo dies” significa letteralmente giorno da contrassegnare con un sassolino bianco, e si basava sul voler rappresentare un giorno da ricordare, un lieto e memorabile evento mettendo da parte un sassolino bianco. Oggi Giampietro, mio figlio, nato in un giorno palindromo (20-02-2002) compie 18 anni.

Se dovessi seguire la tradizione romana dovrei contrassegnare questa data proprio con un sassolino bianco ma in realtà per lui, per me, per tutta la mia famiglia questo è un giorno di consapevole disperazione.

Diventare adulti e cominciare ad esercitare le proprie responsabilità ed autonomie è un motivo di festa perché è l’essenza di quella fierezza di essere utili, di contribuire al bene degli altri, di mettere mano all’impresa di rendere migliore il mondo, di avere la propria vita nelle proprie mani. A 18 anni arriva quel momento, quel tempo di guardare al futuro personale, nel quale le domande “che cosa farò della mia vita e cosa sarà dei miei sogni” iniziano la loro strada verso una risposta che arriverà nel futuro.

Per un ragazzo autistico come mio figlio Giampietro, così come per tutti i ragazzi e ragazze con autismo, il compimento del 18° anno è in realtà l’inizio di un incubo e di un lento abbandono da parte delle istituzioni e spesso della comunità. Diventare adulto e indipendente per un ragazzo autistico è un processo quasi impossibile. Indipendenza, lavoro, matrimonio, figli, niente di tutto questo è alla sua portata.

Arrivati ai 18 anni vengono a mancare molti dei punti di riferimento certi che hanno accompagnato la crescita, partendo soprattutto dalla scuola ma anche dalla presa in carico nelle strutture sanitarie. Il concetto di speranza e di futuro diventa per noi genitori un’utopia di difficilissima realizzazione con un carico a volte insopportabile di angosce e delusioni. Le famiglie si trovano davanti a scarse opportunità di inclusione, assenza di strutture dedicate, accompagnate da un abbandono istituzionale che porta ad una lenta disperazione ed un lento cammino verso il nulla.  Cosa sarà di mio figlio “dopo di me” o, meglio, “oltre me” è una domanda che noi genitori ci facciamo in modo ossessionante senza avere risposte adeguate, vedendo davanti a noi un vuoto impressionante: chi interverrà da un punto di vista riabilitativo quando nostro figlio sarà adulto e cosa succederà di lui quando non ci saremo più o non saremo più in grado di occuparcene?

Oggi per me è una giornata non da sassolino bianco, ma da sassolino nero. Mi sto preparando da anni a questo momento ma non si è mai allenati per affrontare il buio ed un futuro incerto.

Posso solo continuare a lottare e a sognare ad occhi aperti e a non mollare anche davanti alla voglia di farlo.

La vita è un valore condizionato, giustificato solo dal fatto di vivere il proprio amore ed è proprio l’amore verso mio figlio che spero mi possa guidare nel realizzare il progetto di vita che con la Fondazione Oltre il Labirinto inseguo da anni, insieme a tante altre famiglie che come me vogliono che la speranza di ciò che possiamo fare non diventi solo un ricordo dimenticato e abbandonato.

Auguri mio Giampietro, nato in un giorno palindromo dal destino segnato dalla frase palindroma più celebre di Virgilio "In girum imus nocte et consumimur igni" ovvero “giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco”. Sarò la risposta alla fine del cammino.

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