Autismo, aule di sostegno? "Niente di scandaloso"

ROMA. “E’ giusto e indispensabile che un ragazzo autistico trascorra alcune ore fuori dalla propria classe, possibilmente in un’aula dedicata: chi afferma il contrario, non sa cosa sia l’autismo”. Tornando sulla vicenda del ragazzo autistico vessato dall’insegnante, in una scuola vicentina, e ripreso dalle telecamere nascoste (vedi lancio nel notiziario del 7 giugno 2013), così commenta Mario Paganessi, direttore della Fondazione Oltre il Labirinto, affiliata ad Autism Europe, la principale associazione in Europa che si occupa di questa sindrome. “Ci sono i momenti dell’integrazione, a scuola, ma ci sono anche momenti che obbligatoriamente devono essere condotti in un rapporto 1:1, perché il ragazzo autistico non è in grado di stare in aula troppo tempo. Questo non significa che questi studenti debbano essere separati dai compagni, ma non trovo scandaloso il fatto che trascorrano del tempo in un’aula separata”.

Le modalità del sostegno nella scuola, quindi, sono funzionanti ed efficaci? “No, la situazione è drammatica in molte regioni italiane. Il principale problema, secondo me, è che le scuole non si aprono all’esterno, non lasciano entrare figure professionali capaci di sostenere il percorso educativo si questi ragazzi. Invece il lavoro in rete è fondamentale: abbiamo calcolato un ragazzo autistico tra i 4 e i 16 anni ha a che fare con circa 14 persone tra familiari, istruttori ecc. Tutte queste figure dovrebbero far parte di una rete educativa, con un progetto a monte, di cui la scuola sia il momento focale”.

Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti, che per molti è un nodo fondamentale della questione, “i corsi per l’abilitazione e la specializzazione sono certamente utili, ma solo come infarinatura. Molto più efficace è l’affiancamento dei docenti da parte di figure professionali esperte. A tal proposito, la nostra fondazione ha concluso un accordo con la Ulss 7 di Treviso, per cui da settembre e per cinque anni manderemo i nostri psicologi nelle classi, accanto agli insegnanti statali. Ecco, quest’apertura della scuola è fondamentale. Di solito, però, le porte ci vengono chiuse, sebbene i nostri progetti siano finanziati dalla fondazione stessa e quindi senza oneri per le scuole. Dagli insegnanti, poi, ci arrivano moltissime richieste di aiuto e di formazione. I casi come quello di Vicenza, purtroppo, sono tanti: sappiamo di bambini che, a scuola, hanno mangiato palloni di gommapiuma, sotto gli occhi degli insegnanti. Se le scuole si aprissero ai professionisti, cose del genere non potrebbero accadere”.

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