Disabili psichici e lavoro: genitori delusi dal sottosegretario Guerra

ROMA. Erano preoccupati, restano preoccupati: sono i familiari del Comitato genitori giovani disabili psichici che, a giugno scorso, avevano gridato attraverso una lettera al sottosegretario al Lavoro e alle politiche Sociali Maria Cecilia Guerra, il loro disagio relativamente all’indebolimento delle politiche per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica e mentale. Un grido di rabbia per la mancata applicazione della legge 68/99 sul collocamento mirato e per la solitudine che investe, in assenza di politiche attive per il lavoro, le famiglie che hanno a carico figli o parenti con disabilità psichiche e mentali.

La risposta del Sottosegretario, giunta infatti immediatamente dopo quella missiva, non soddisfa e lascia nella preoccupazione il Comitato. Si confermano i tagli nel fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (art.14 legge 68/99), si confermano regole e codici, si conferma la compensazione territoriale. Conferme che danno il quadro denunciato da anni dalle associazioni di rappresentanza della disabilità, cui manca però una controproposta ministeriale. Ovvero, politica.

“Viene riconfermata la sostanza di quanto da noi denunciato, senza voler minimamente intenderne – sottolinea infatti il Comitato - la gravità. Si cerca solo di fornire una giustificazione all’esistente. Il messaggio è chiaro: la situazione è questa e non può essere modificata. Ci chiedono in sostanza di farci una ragione del fatto che i soldi stanziati per il fondo per la disabilità rappresentano una cifra irrisoria con la quale non è praticamente possibile fare nulla di significativo; siamo invitati a fidarci della correttezza dei datori di lavoro in una situazione in cui l’evasione dall’obbligo delle assunzioni per i disabili ha raggiunto percentuali incredibilmente alte; manca la volontà politica di utilizzare un sistema serio di controlli in difesa del diritto al lavoro dei disabili e si pretende di giustificare una norma, potenzialmente devastante, come quella contenuta nelle compensazioni. In ultima analisi sembra che per il Ministro del Lavoro sia più importante “facilitare la vita alle imprese che impegnarsi per garantire il rispetto dei diritti dei disabili”. Uno sconforto non proprio prevedibile.

“In riferimento alla vostra richiesta – si legge infatti nella nota ministeriale -, riportiamo gli elementi tecnici forniti dalla competente Direzione generale del ministero del Lavoro e delle politiche Sociali”. Specificatamente in questo senso, la nota riporta le regole di istituzione del Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (art.14 legge 68/99) e i fondi dedicati dalle modifiche apportate con la legge 122/2010, ma chiarisce anche il quadro del codice degli appalti e delle responsabilità delle Pubbliche amministrazioni, nonché delle compensazioni.

“Le risorse statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario sono ridotte in misura pari a 4.000 milioni di euro per l’anno 2011 e a 4.500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012”. La riduzione del Capitolo 3892 “Fondo per il diritto al lavoro dei disabili” è pari a Euro 39.274.201,00”. L’assegnazione finale per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 è pari dunque ad Euro 11.538.494,00, ma “tale capitolo di spesa – precisa ancora il ministero - è stato, inoltre, oggetto di accantonamenti. Pertanto, la somma ad oggi disponibile risulta pari ad Euro 2.429.702,00”.

Analoga risposta su codice degli appalti, obblighi della Pubblica Amministrazione e compensazioni territoriali: si chiarisce il quadro e non si avanza nessuna controproposta, o azione di contrasto a questo stato di cose. Relativamente al codice degli appalti, infatti, si chiarisce che “l’articolo 4, comma 2, lettera b), n. 1, punto 1.7, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 che prevedeva che siano esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento i soggetti che non sono in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge 12 marzo 1999, n.68 è stato soppresso dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106. Nella formulazione oggi vigente si torna alla legge 68/99, ovvero viene ripristinata la certificazione di ottemperanza dell’obbligo. Sulle compensazioni, infine, si chiarisce che in caso di concentrazione di imprese costituenti un “gruppo”, le quote obbligatorie possono eccedere a compensazione di altri settori/rami aziendali. “La ratio della norma – scrive il Ministero - è volta ad introdurre significative misure di semplificazione a favore delle imprese private e delle aziende che fanno parte di un gruppo di impresa”.

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