Vaccini e autismo, un nuovo studio smentisce la relazione

La ricerca pubblicata su Jama dimostra che non esiste un legame tra l’immunizzazione e il manifestarsi della malattia neppure per bimbi che in famiglia hanno casi di autismo.

di Anna Meldolesi 

Quindici anni di studi avevano già fornito chiare evidenze: non sono i vaccini a causare l’autismo. Ma da oggi, grazie a uno studio pubblicato sul Jama, le prove a discolpa sono ancora più convincenti perché viene sciolto anche un ultimo dubbio. Come possiamo escludere che l’immunizzazione, pur non essendo la causa del male, faccia precipitare in qualche modo la cascata degli eventi? E’ comprensibile che qualcuno si ponga questa domanda quando un bambino che sembra perfettamente sano fino all’età di 1 anno o 2, nello stesso periodo in cui è prevista la prima dose del vaccino per morbillo-parotite-rosolia (Mpr), inizia a manifestare i sintomi dello spettro autistico.

Lo studio su fratelli.
La risposta va cercata nelle famiglie più a rischio, quelle in cui è già stato diagnosticato un caso di autismo e se ne potrebbe presentare un secondo. Innanzitutto perché in questo sottogruppo sono sicuramente presenti i fattori genetici e ambientali, solo parzialmente noti, che predispongono alla malattia. In secondo luogo perché i genitori di un bambino autistico spesso sono tentati di non vaccinare i figli avuti successivamente, o di ritardarne l’immunizzazione. Se il vaccino Mpr avesse un ruolo scatenante, l’incidenza dell’autismo dovrebbe essere più alta per i fratelli minori vaccinati dei bambini autistici, rispetto ai fratelli minori non vaccinati. Ma così non è. Il campione che Anjali Jain e i colleghi del Lewin Group hanno avuto a disposizione per il loro studio comprende quasi centomila bambini seguiti almeno fino al compimento dei 5 anni, di cui 1929 hanno un fratello affetto e 994 hanno ricevuto loro stessi una diagnosi di autismo o altre forme più lievi dello spettro. Il tasso di vaccinazione è risultato effettivamente più basso per i fratelli minori dei bambini autistici, ma questo non ha ridotto la loro probabilità di diventare autistici. Insomma i numeri portano a concludere che non esista un legame tra il vaccino e il manifestarsi dell’autismo nemmeno per i piccoli delle famiglie più a rischio.

Nessuna differenza tra vaccinati e non vaccinati
In definitiva, scrive Bryan H. King nell’editoriale che accompagna la ricerca, «prese insieme, alcune dozzine di studi hanno ormai dimostrato che l’età in cui i disordini dello spettro autistico si manifestano non differisce tra bambini vaccinati e non vaccinati, che la severità del corso non differisce tra bambini vaccinati e non vaccinati, e ora che il rischio di ricorrenza all’interno delle famiglie non differisce tra bambini vaccinati e non vaccinati». Sembra davvero che sia arrivato il momento di lasciarsi alle spalle una falsa credenza che, a partire dalla screditata ricerca di Andrew Wakefield del 1998, ha fatto sin troppi danni. Da allora la diffidenza nei confronti del vaccino Mpr ha eroso i tassi di immunizzazione e ha contribuito alla diffusione del morbillo in diversi paesi. La California ha appena dichiarato spento un consistente focolaio che era partito da Disneyland a dicembre . Mentre l’Oms ha invitato l’Europa a rilanciare le campagne di vaccinazione, con particolare attenzione all’Italia che nel 2014 ha riportato 1674 casi di morbillo. Le controversie sembrano seguire l’autismo come la coda segue l’aquilone, nota King sul Jama. Le polemiche hanno rappresentato uno stimolo per eseguire nuovi studi e fare progressi, finché il vento ha soffiato. Lo specialista di autismo dell’Università di Washington comunque è cautamente ottimista: questo settore di ricerca merita che torni finalmente il sereno e le previsioni del tempo tendono al buono.


 

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