Autismo, la scommessa e' sui genitori

ROMA. Inadeguatezza, inefficacia e frustrazione, come ha sottolineato papa Francesco sabato scorso alla XXIX Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, sono le sensazioni che a volte possono sorgere nelle famiglie che accudiscono una persona affetta da disturbi dello spettro autistico.
Per rompere il loro isolamento, oltre all’accoglienza, all’incontro e alla solidarietà, è fondamentale, ha rimarcato ancora il Pontefice, una «concreta opera di sostegno». «L’isolamento di cui soffrono le famiglie di persone con autismo – conferma infatti Francesco Barale, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pavia e presidente della fondazione Genitori per l’autismo – è un vero e proprio deserto che si fa sempre più angoscioso man mano che la persona autistica cresce». Ecco perché è di primaria importanza «costruire percorsi coerenti, prospettive sensate e adeguate che accompagnino le persone autistiche e le famiglie per tutto il corso dell’esistenza».
U n impegno certamente non facile: diagnosi e cura lasciano ancora tanti punti interrogativi, però, assicura lo psichiatra, lo studio dell’autismo «è uno dei campi in più rapida evoluzione delle neuroscienze contemporanee».
Il primo ostacolo da superare è innanzitutto la
Sabato l’invito di Papa Francesco a «rompere l’isolamento» di chi ne è affetto, attraverso «un’opera di sostegno» Per i medici una diagnosi precoce e il coinvolgimento delle famiglie possono portare a risultati davvero incoraggianti
corretta diagnosi. «L’individuazione precoce è molto importante – sottolinea Barale –. Anzi, il tentativo di individuare indicatori precoci che possano far pensare a un 'rischio autismo' anche prima che il quadro clinico chiaramente si manifesti, costituisce un vivacissimo terreno di ricerca». Nel caso in cui però la diagnosi è certa, le possibilità di cura e accompagnamento può portare a risultati incoraggianti. Ma è indispensabile il coinvolgimento e la collaborazione dei genitori. «Diverse esperienze indicano che, ove si è in grado di sostenere le famiglie, coinvolgerle e farle collaborare in un progetto coerente di lungo termine, i risultati possono essere migliori». Sono fondamentali dunque percorsi di assistenza mirati. «In condizioni, contesti e con interventi adatti e non generici – prosegue lo psichiatra – queste persone possono essere felici, acquisire competenze, mostrare capacità inaspettate, riuscire a esprimere anche la loro particolarissima umanità».
U n esempio positivo è quello messo in campo dalla Cascina Rossago, «una fattoria sociale sulle colline dell’Oltrepo pavese – racconta Barale – nelle cui 3 case vivono 24 persone adulte con grave autismo, quotidianamente impegnate nelle attività agricole, di allevamento, artigianali, a partire dalle quali si è costruito un fitto tessuto di rapporti col territorio». Un miglioramento delle condizioni di vita e un inserimento sociale sono dunque allo stesso tempo necessari e possibili. «Va sfatato il primo pregiudizio che cioè che tutti gli autistici sono gravissimi e che determinano condizioni di vita terribili. Non è così – precisa Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell’età evolutiva, responsabile del servizio di psicoterapia dell’Istituto di ortofonologia di Roma –. I disturbi dello spettro autistico hanno infatti una diversa gradualità. Il problema è che questi bambini hanno uno sviluppo atipico e quindi i genitori devono essere aiutati a capire come sostenerli, avendo presente che il bambino autistico da subito nella vita non attiva i normali scambi di comunicazione. La grande scommessa del futuro – rimarca Di Renzo – sarà proprio il sostegno agli adulti».

di Graziella Melina



 

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