Legge 68/99, lettera aperta dei genitori: "Penalizzati i disabili psichici"

 Il comitato "Genitori giovani disabili psichici" elenca i punti deboli: deroga alle compensazioni territoriali, esonero dalla certificazione obbligatoria di ottemperanza, drastica riduzione del fondo nazionale per l'occupazione

ROMA. Esonero per le aziende dalla certificazione obbligatoria di ottemperanza agli obblighi della legge 68/99 sul collocamento obbligatorio delle persone disabili, drastica riduzione dei contributi concessi al fondo nazionale per l’occupazione delle persone disabili e deroga alle compensazioni territoriali: si concretizza in tre criticità l’attacco perpetrato ai danni della legge 68/99 sul collocamento obbligatorio delle persone disabili secondo il comitato “Genitori giovani disabili psichici”. In una lettera aperta, il comitato mette nero su bianco non solo la preoccupazione di tante famiglie interessate da figli con disabilità psichica che si sentono “vessate” dalla mancata applicazione della legge, ma chiede anche un rilancio della normativa. Oltre un terzo delle persone iscritte alle liste speciali del collocamento ha una disabilità di tipo psichico o mentale. L’appuntamento per formulare una proposta è martedi 27 marzo dalle 9.30 alle 13 presso la sala ! “Di Liegro” di Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, in via IV Novembre 119/a.

La preoccupazione. “Il mondo della disabilità – si legge infatti nella missiva - è pienamente consapevole dell’importanza della legge 68/99 che costituisce un punto di riferimento fondamentale per l’inserimento lavorativo dei disabili. La legge, dalla sua entrata in vigore, ha però trovato attuazione solo in misura assai limitata: molte aziende private e anche tanti Enti Pubblici, hanno, di fatto, ignorato la normativa che prevede la quota del 7% d’assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili. In questa situazione, già così difficile, si sono aggiunti interventi tesi a ridimensionare la portata della 68/99 o addirittura a tentare di cancellarla; ricordiamo che solo la mobilitazione e l’impegno delle associazioni delle persone disabili, del sindacato e di tanti cittadini è riuscita ad ottenere il ripristino della quota garantita del 7% che era stata di fatto annullata dal comma 7 dell’art. 5 della legge 126 del 2010”.

Tre, infatti, secondo il comitato “Genitori giovani disabili psichici”, le criticità. “Nell’anno trascorso, il precedente governo – si legge infatti - si è particolarmente impegnato a contrastare la piena attuazione della legge 68/99 con provvedimenti che giudichiamo di particolare gravità”. L’esonero della certificazione di ottemperanza “per le aziende che partecipano a gare per appalti pubblici e sottraendo il potere di verifica agli uffici provinciali per l’impiego, costituisce di fatto un forte incentivo ad evadere tale obbligo (art.4 del decreto legge n. 70 del 2011)”. E ancora: “La drastica riduzione dei contributi concessi al Fondo Nazionale per l’occupazione delle persone disabili (11 milioni per il 2011 e 2,5 milioni per il 2012) indebolisce gravemente le possibilità d’effettivo sostegno al loro inserimento lavorativo”. E infine, la deroga concessa alle autorizzazioni per le compensazioni territoriali che – si legge ancora – “semb! ra evocare il rischio della creazione di reparti ”speciali” in cui confinare le persone disabili (e pensiamo soprattutto agli psichici)”.

La proposta. “Una conoscenza più completa e articolata della realtà che riguarda i disabili psichici – continua infatti la lettera – in riferimento al loro inserimento lavorativo richiede certamente un notevole sforzo di approfondimento; comunque si deve partire dalla constatazione, di tutta evidenza, che esiste una loro penalizzazione nell'assegnazione dei posti di lavoro disponibili. E questo accade perché, da qualunque parte si affronti la questione, dobbiamo purtroppo riconoscere che esiste nei loro confronti, in ampi settori della società, un pregiudizio negativo”. […] “Dobbiamo ritenere, sulla base di numerose testimonianze dei diretti interessati e dei loro familiari, che – prosegue la lettera - i disabili psichici disponibili al lavoro rappresentino ben oltre un terzo del totale degli iscritti nelle liste speciali. […] Per questo motivo noi chiediamo che si promuova una ricerca, su base nazionale, sul tema della disabilità psichica”. Tre le fasi:! mappa dei posti disponibili, rilevazione dati disaggregati, disponibilità a lavorare. “I risultati della ricerca – sostengono dal Comitato - renderebbero possibile l’attuazione di una strategia d’intervento diretta a favorire l’inserimento lavorativo dei disabili psichici”.

Dati e scelte possibili. “Una recente ricerca dell’Isfol (dicembre 2011) fornisce – si legge infine nella lettera aperta - un quadro attendibile del numero complessivo dei lavoratori con disabilità psichica presenti nel mondo del lavoro privato e conferma pienamente quanto affermato in precedenza sulla percentuale estremamente ridotta di disabili psichici inseriti al lavoro. Da un campione rappresentativo della realtà nazionale –composta da 495 aziende con più di 15 dipendenti e quindi tenute al rispetto della legge 68/99– si ricavano due dati particolarmente significativi: solo il 45,5 per cento delle aziende rispetta l'obbligo di legge (ciò significa che oltre la metà del totale delle aziende considerate non si attiene a quanto previsto dalla legge 68/99); nel campione preso in esame su 570 disabili assunti solo 62 sono psichici, il che significa che sul totale dei disabili assunti gli psichici rappresentano poco più del 10 per cento”.

Tra le scelte possibili, invece, il comitato non si esime da un contributo. “La prima – si legge - è quella che tende a riunire attorno ad un progetto lavorativo soggetti disabili con un grado generalmente medio-alto d'invalidità. Avere la possibilità di lavorare costituisce certamente un fatto di grande importanza per un disabile psichico: rafforza la sua autostima e ne sviluppa l'autonomia in un ambiente “protetto”. Per questo motivo diamo un giudizio positivo sulle esperienze maturate nelle cooperative e nei laboratori sociali che offrono occasioni di lavoro a persone con particolari difficoltà. D'altra parte noi sosteniamo la scelta dell'inserimento nel mondo del lavoro “normale”, perché siamo convinti che solo in questo modo possa avvenire una reale inclusione dei soggetti con disabilità psichica che, affrontando insieme con i lavoratori normodotati i problemi e le difficoltà, possono sentirsi cittadini a pieno titolo: diversi nella condizione personale! ma uguali nei diritti, non più solo persone assistite ma cittadini contribuenti”. […] “Dobbiamo purtroppo rilevare – è la sintesi finale - che molte delle esperienze formative denominate a vario titolo “tirocini” non garantiscono uno sbocco lavorativo e rischiano pertanto di causare ulteriori frustrazioni in soggetti già particolarmente vulnerabili. Lo strumento principale attraverso il quale può avvenire il loro inserimento resta esclusivamente il tirocinio “mirato”, cioè quello finalizzato all’assunzione previsto dall’articolo 11 della legge 68/99; esso rappresenta, a nostro giudizio, l’aiuto più concreto per superare quell’atteggiamento negativo, ancora molto diffuso, di pietismo e sfiducia nei confronti delle persone con disabilità psichica”. Per saperne di più, partecipare all’appuntamento e mettersi in rete, scrivere a Angiolo Bruschi agli indirizzi angiolobruschi@alice.it / ebqdom@tin.it. (eb)

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